La curva di sopravvivenza by Carlo Patriarca

La curva di sopravvivenza by Carlo Patriarca

autore:Carlo Patriarca [Patriarca, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza


7. Aldo

In una fascia atmosferica tra i cinque e i venti metri sopra la distesa di tetti e terrazzi le rondini davano spettacolo di volo acrobatico nella trasparenza rosea della sera.

Aldo dopo un po’ smise di osservarle, si girò lentamente e rientrò dal balcone nello studio. Si sedette davanti allo spartito e guardò l’ora: diciotto e diciassette. Allontanò di una decina di centimetri il leggio, tese i crini dell’arco e respirò profondamente, abbracciando quasi lo strumento. Sentì la lordosi ampia della colonna vertebrale. La simmetria del suo corpo era ristabilita e non avrebbe subìto torsioni indebite non appena avesse cominciato a suonare. Avvertì la distensione stanca delle masse muscolari sotto i vestiti comodi – si cambiava sempre tornando a casa dopo l’ospedale – e le giunture allentate dal sovraccarico di un chirurgo di mezza età di corporatura atletica che ha però appena terminato l’ultima lunghissima seduta di sala operatoria della settimana. Era passato del tempo dall’ultima salita allo Stelvio e dai suoi allenamenti forsennati, ma la forma fisica era ancora buona e il suo cuore continuava a pompare lento e regolare. Provò a sentire la pulsazione ritmica delle battute e attaccò, come non avesse mai smesso, in levare. La portafinestra sul balcone era rimasta aperta. La vide, mise una sordina al ponte del violoncello e ricominciò. Dopo otto battute tutto sembrava filare liscio, anche il suono era pieno e in trio il risultato sarebbe stato più che dignitoso, pensò. Poi l’attenzione si accese diventando spasmodica, sentiva avvicinarsi i passaggi impervi; più distacco, pensò, quanto bastava per stabilire tra lui e la melodia un rapporto paritetico. L’attenzione doveva aleggiare a mezz’aria, evitando di conficcarsi troppo nello spartito, o nella musica, o nel corpo. Avanzò in quello strano equilibrio equidistante, e si sentì quasi un saggio, perché in simili circostanze era saggezza l’equidistanza, e non una pretesa ipocrita delle persone perbene come accade nella vita. Dopo la terza riga c’erano alcune battute davvero belle e non difficili, prima del cambio di tonalità introdotto dal pianoforte, belle da ascoltare. Poi, poche battute più in là, avrebbe incontrato due rapidi passaggi di posizione che non venivano quasi mai in modo adeguato. Ma ascoltare un’esecuzione non ha niente in comune con l’eseguire ascoltando. Anzi, meglio non ascoltare troppo. «Be’, soprattutto quando suoni tu, fratello» disse la sua vocetta caustica. Ti ignoro, pensò. Conosco il nome di chi può demoralizzare il maestro del mio maestro. «Anch’io, ma con te il mio nome è legioni» riuscì a infilare la vocetta nella pausa di un’ottava prima delle battute impervie. Aldo sorrise quasi, mentre si addentrava nei passaggi di posizione delicati.

Scompose nella mente il movimento delle dita, spezzò la difficoltà in quattro, come pare dicesse il papà di un piccolo talento e come raccomandano i gesuiti davanti al peso della vita quotidiana. Se l’insieme appare insormontabile, suddividilo come fa il maestro di tennis quando illustra un rovescio ben riuscito. Procedette senza attriti e stonature per un paio di minuti – in verità mentre suonava perdeva completamente la percezione del



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